Skip to main content
  • Villa Valmarana ai Nani

    Vicenza

La villa dei Nani

Per una strada incassata tra alti muraglioni da cui spuntano le chiome dei cipressi si arriva a Villa Valmarana ai Nani che Fogazzaro chiama Villa Diedo, residenza dei fratelli Dessalle in Piccolo mondo moderno, teatro di feste mondane e di un appassionante incontro tra Piero Maironi e Jeanne.

In realtà, il nome deriva dalle statue dei nani in abiti settecenteschi, attribuite al Bendazzoli, sul muro di città della costruzione, opera di un modesto capomastro attorno al 1669. Solo quando entra in possesso dei conti Valmarana, nel settecento, con le nuove aggiunte di ingresso, scuderia e foresteria, prende l’aspetto monumentale che oggi si ammira. La fama della villa è affidata alla decorazione realizzata nel 1757 da Giovanni Battista Tiepolo e dal figlio Gian Domenico

L’opera dei Tiepolo

Per ovviare alle modeste proporzioni di salette e salone il Tiepolo è dovuto ricorrere al quadraturista Mengozzi Colonna che con ingegnosi effetti ottici ha alzato i soffitti e dilatato le pareti. Il tema degli affreschi è il traviamento amoroso di un eroe e le funeste conseguenze; l’interpretazione di Tiepolo è in chiave metastasiana. Nel salone centrale la vicenda di Ifigenia è vista come una conseguenza, con la guerra di Troia, dell’innamoramento di Paride per Elena. Sono questi tra gli affreschi più celebrati di Tiepolo per gli smaglianti colori ancora conservati e per il patetismo melodrammatico che anima ogni figura.

Così ne parla Fogazzaro in Piccolo mondo moderno:
[…] la bella sala rettangolare onde il Tiepolo ha dipinto le due pareti maggiori, mostrandoci qua Ifigenia fra i carnefici e i principi dolenti, là gli equipaggi achei volti alle navi per l’imbarco. Era semioscura, odorata di héliotrope e di sigarette cubane.

Entrando, la prima sala a destra è dedicata ad Achille con colori e luci del cielo del mare spazzati dal vento su gamme chiare come per un brivido d’autunno. La seconda sala a destra narra gli amori di Angelica e Medoro, mentre la seconda sala a sinistra presenta gli amori di Elena e Didone e infine nella prima sala a sinistra, contornati dal paesaggio della vicina Valletta del Silenzio, ci sono gli amori di Rinaldo e Armida e la scena dell’addio, celebrata per la vibrante penetrazione psicologica dei personaggi.

“Uscendo dalla villa si trova la foresteria, con la stanza delle cineserie per gli episodi della Turandot, la stanza dei contadini per le scene agresti, quella della villeggiatura, quella dell’Olimpo, del carnevale, delle fantasie architettoniche e ultima quella dei putti, che in Piccolo mondo moderno risultano dipinte pure dal Tiepolo con l’estro più fantasioso e denominate da Carlino la Cina dei mostri, la Georgica, la Galante, l’Olimpo, la Darwiniana, l’Anacreontea.

Il pensiero di Guido Piovene

Anche Guido Piovene, famoso scrittore vicentino, e grande estimatore del Fogazzaro, descrive magistralmente l’opera di Tiepolo e il paesaggio attorno alla villa:

Qui gli affreschi sono vicini a chi entra nelle stanze, le figure divine e umane gli stanno accanto quasi alla stessa altezza […]. Il Settecento non è mai tanto attraente come quando […] innesta in un tessuto aristocratico i preavvisi della civiltà borghese, col suo gusto dell’arte come viaggio nella propria stanza, invito all’evasione, strumento d’intonazione dei sogni e oggetto di “consumo immediato del cuore”. […] lirico, sensuale, fantastico, favoloso, illusionistico, teatrale, sono parole che si adattano al Tiepolo. La sua arte ci preme addosso […] per obbligarci a sentire qualcosa: esaltazione religiosa, ammirazione per un principe, per uno Stato, per una famiglia fastosa, […]. Il Tiepolo vuole stupirci, sconvolgerci, o sedurci. Si sovrappone alla natura, quella dei suoi stessi dipinti, illuminandola di luci che producono suggestione. Accenno, per esempio, alla levità e lucentezza delle figure che si scorgono in lontananza, e ai secondi piani. In essi, a contrasto coi primi, dove le figure campeggiano con forte colore e rilievo, le figure perdono peso, si fanno più chiare e diafane, o addirittura scoloriscono e diventano grigie. Queste alterazioni volute, pari a quelle che compie una regia teatrale con il gioco dei riflettori, sono fatte per comunicare al riguardante il senso dell’irreale, del patetico e del sognato. […] Quando il Tiepolo è di questo tipo […] è quello che rimane di più nella pelle. E’ come il ricordo di una relazione. […] a villa Valmarana ritrovavo il Tiepolo del colloquio privato. Chi è portato a guardare da un angolo soggettivo i quadri, usandoli come incentivi all’immaginazione, si trova a suo agio con lui. La villa guarda una valletta che è come un distillato del paesaggio veneto, tanto più grande quanto più piccola è la visuale, perché tutto sprofonda nel repertorio senza fine della sensualità. Davanti alle finestre i prati e i vigneti salgono verso il crinale dei colli. Trovavo negli affreschi gli stessi pungoli fantastici che raccoglievo dal paesaggio, semplice e insieme mitologico. La sensualità del Tiepolo è davvero totale, imbeve tutto ciò che appare, arriva per tutte le vie, è il carattere del suo mondo reale o immaginario. Circola e ci compenetra senza parere, non assume mai forme grezze, si dissimula sotto gli involucri più diversi. Sensualizza egualmente tutti i personaggi dei poemi, guerrieri o belle donne, giovani o vecchi; così ci insinua dentro la loro presenza, li tramuta in fantasmi del nostro sangue e in prototipi di una memoria prenatale. […] il Tiepolo è un pittore di cieli, anzi ha reinventato le innumerevoli varianti di quella faccia unica che è la volta celeste. E’ forse l’unica pittura, la sua, che si trasporta dentro il cielo […]. Egli trasmette in chi lo guarda un vapore di compiacenza sensuale nella propria vita, un forte attaccamento a se stesso nelle fantasie e nei ricordi, un orgoglioso sentimento d’immortalità personale associata alla carne.

L’ingresso e la scuderia ricordano lo stile di F. Muttoni che media la sua formazione barocca con il palladianesimo vicentino. In particolare, la scuderia, a tre navate con volte a crociera che ricadono su colonne o capitelli pensili, mette in rilievo l’abilità dell’architetto di sfruttare il piano del colle che dalla strada cala rapidamente verso la valletta.